“Questo aggeggio è molto più figo di quello che sembra“, niente hashtag e link all’immagine di un visore bifocale dalla silhouette nera. Era il Maggio del 2012 ed il profilo Twitter di John Carmack si animava parlando di un nuovo visore, che stava assemblando nel proprio garage un certo Palmer Luckey, prodigioso diciannovenne appassionato di visori a realtà aumentata.
A Marzo 2014 Facebook acquista Oculus Rift per 2 miliardi di dollari. Apriti cielo. Tutti hanno iniziato a fare ipotesi su come si potrebbe evolvere il nostro mondo virtuale.
La natura asociale della realtà virtuale la rende paradossalmente un’arma invincibile quando si tratta di interazioni social, visto che può abbattere quasi ogni distanza, permettendo una vastissima gamma di interazioni estremamente fisiche anche in un contesto completamente digitale. Nel video che ho postato è evidente come Oculus Rift sia in grado di interagire con il nostro cervello fino a farci perdere ogni percezione della realtà.
La domanda è: ne abbiamo davvero bisogno? La risposta ovviamente è no, ma naturalmente questo ed altro in nome del progresso. Come sempre, la cosa importante è avere gli strumenti per comprendere come sfruttare questa risorsa nel migliori dei modi.